Vi spiego perché i vecchi comunisti oggi votano Meloni. E vi faccio anche un disegnino, stronzi
Quello che stai per leggere è un concentrato di rabbia rancore e vaffanculo è scritto con la bile e col cervello acceso non per piacere ma per sfasciare dentiere ideologiche e culi borghesi. Se sei un docente di lettere woke col cazzo moscio pieno di sensi di colpa o una stronza da ZTL con lo zerbino rainbow davanti casa e il cervello in saldo su Instagram, meglio che ti levi dal cazzo questa roba ti spacca il culo… e ti meriti ogni virgola. Se ti indigni perché diciamo negro frocio tossico o terrone sei tu il problema sei tu la merda moralista che ha reso l’Italia un circo di ipocrisia e fallimenti color pastello. Se hai votato PD 5 Stelle o Più Europa fatti un clistere di realtà e poi sparisci perché qua si parla di lavoro fatica fame sudore rabbia bestemmie e gente vera. Non vogliamo scuse dialoghi dibattiti e cazzi mentali vogliamo solo che chi ha rovinato la sinistra si senta offeso ferito e preso a calci nei denti. Se ti riconosci sei da curare se ti arrabbi sei da compatire se condividi sei dei nostri.
di Laško Velik
Una volta si votava sinistra. Punto!!! C’erano le sezioni del PCI che profumavano di fumo, sudore e ciclostile. I muratori andavano a votare con le mani callose, le donne col grembiule facevano volantinaggio, e mio zio – che aveva fatto la galera per aver menato un fascista nel ’48 – bestemmiava Togliatti, ma lo votava. Oggi? Oggi il mio amico Gigi, ex comunista, ex metalmeccanico, ex tutto, entra al seggio con la tessera del PCI incorniciata… e vota Meloni. Non perché è impazzito, ma perché è stufo di essere preso per il culo da una sinistra che non è più sinistra, ma una barzelletta vegana da apericena con pronome fluido.
La sinistra ha mollato la classe operaia per prostituirsi al capitalismo etico. Il PCI era una roba seria: magari rigida, magari noiosa, ma stava coi lavoratori. La CGIL – quella vera – faceva le barricate, non le conferenze. Oggi ti offrono seminari sull’identità non binaria mentre la tua fabbrica chiude. È questo che chiamano sinistra? Un’accozzaglia di fighetti con la laurea in economia del pube e una bandiera arcobaleno dietro lo schermo da 65 pollici?
La CGIL? Una cloaca burocratica dove si parcheggiano gli incapaci. Landini? Un predicatore inutile, una caricatura con l’elmetto da salotto. E mentre lui blatera, i padroni delocalizzano e gli operai perdono il posto. Zero scioperi veri, zero mobilitazione reale. Solo parole, slide e conferenze stampa. La sinistra ha preferito parlare ai rider universitari piuttosto che ai muratori veri. E i muratori, giustamente, l’hanno mandata a fare in culo.
Poi sono arrivati i 5 Stelle, che dovevano essere la “nuova sinistra”. Una sinistra 2.0, si diceva. Ma si è rivelata una massa di pagliacci, predicatori da YouTube, finti rivoluzionari con l’iPhone. Dal “vaffa” a Di Maio ministro, da Grillo ai banchi a rotelle. Hanno partorito il Reddito di Cittadinanza, che ha anestetizzato il disagio invece di curarlo. Un cerotto sul cancro. Una sinistra senza cultura, senza radici, senza palle. E infatti è finita nelle mani di Giuseppe Conte, avvocato del popolo col sorriso da venditore di Folletto e la spina dorsale di una vongola.
Nel frattempo, la Meloni faceva la sua scalata. Piano, decisa, martellante. Senza cambiare discorso ogni due minuti. Lei è quella che ha mantenuto la coerenza: Dio, patria, famiglia e lavoro. Slogan? Certo. Ma almeno non ipocriti. E almeno detti con convinzione. E chi ha vissuto abbastanza da ricordare Almirante, sa bene che dietro quella coerenza c’è un filo ideologico preciso: la destra sociale. Quella che parlava agli ultimi. Quella che rivendicava orgoglio nazionale, salari dignitosi, confini chiari e uno Stato che protegge. Una roba che la sinistra ha buttato nel cesso per abbracciare Bruxelles e la zuppa fredda dell’inclusività finto-progressista.
Il piccolo imprenditore che un tempo votava PSI oggi vota Meloni. L’operaio che negli anni ’70 portava i figli alle feste dell’Unità oggi mette la croce sul simbolo di Fratelli d’Italia. Non perché siano diventati fascisti, ma perché si sono rotti il cazzo. Perché la sinistra li ha traditi, li ha derisi, li ha lasciati soli. Gli ha detto che erano razzisti, omofobi, ignoranti, arretrati. Solo perché volevano lavorare, pagare il mutuo, non morire in pronto soccorso e magari sentire parlare italiano in autobus.
Perché la sinistra odia il popolo. Non lo dice, ma lo dimostra. Lo odia perché non lo controlla più, perché non lo capisce più, perché non lo rappresenta più. I nuovi militanti sono laureati in antropologia transculturale, leggono Michela Murgia e piangono per i migranti. Ma se incontrano un fabbro che vota destra, lo insultano. E quel fabbro, che lavora dieci ore al giorno, che non ha più tempo per certe menate, vota Giorgia.
Nel 1976, il PCI aveva 12 milioni di voti, il 34%. Oggi il PD galleggia sotto il 20%. E non tra gli operai, ma tra i pensionati d’oro con la seconda casa al mare e 4 appartamenti in affitto, tra gli insegnanti che correggono i temi con lo spirito woke, tra i funzionari pubblici che leggono “Internazionale” e si sentono migliori. Gli operai veri, i muratori, i camionisti, i tecnici di officina, quelli hanno cambiato campo. Hanno smesso di crederci. E li capisco.
Nel dopoguerra, Almirante diceva: “Il popolo italiano ha diritto ad avere un tetto, un lavoro, una scuola e una pensione. Lo Stato glielo deve”. Non era comunismo, era realismo sociale. Già nel 1950, il MSI raccoglieva voti nei quartieri popolari di Roma e Napoli, perché prometteva protezione sociale e sicurezza. I compagni lo sapevano, e lo temevano. Non è un caso se nel 1972, lo stesso PCI pubblicava uno studio interno che definiva il MSI “pericolosamente efficace nel raccogliere il malessere della piccola borghesia impoverita”.
Oggi invece la sinistra dice: “Dobbiamo piantare alberi per salvare il pianeta”. Bene. Pianta pure alberi. Intanto la gente muore di bollette. Nel 2022, il prezzo medio dell’energia elettrica per le famiglie italiane è aumentato del 135%. Le aziende hanno visto aumenti anche del 300%. E la sinistra che fa? Parla di incentivi per le auto elettriche e dei cazzo di monopattini.
E i dati lo confermano. Il 45% degli operai vota centrodestra. Il 60% dei pensionati pure. Il PD prende voti tra i laureati. Non è più il Partito Democratico, è il Partito dei Docenti, degli intellettuali, degli artisti, dei figli di Erasmus… E infatti ha perso le periferie, le province, le campagne, i paesi. L’Italia vera. L’Italia che bestemmia, ma paga le tasse. L’Italia che si alza alle 5 per andare in cantiere, non quella che fa il brunch e poi la diretta Instagram.
I vecchi compagni, quelli che hanno fatto lotte, manifestazioni, scioperi veri, oggi sono spaesati. Ma non scemi. Sanno bene che Giorgia Meloni non è Marx. Ma almeno è coerente, almeno non cambia bandiera ogni due settimane. E quando parla di patria, di lavoro, di identità, lo fa con una chiarezza che la sinistra non ha più da decenni. Persino Berlinguer, se fosse vivo, probabilmente si farebbe il segno della croce vedendo certi deliri ideologici su TikTok. O forse, come disse una volta, “La questione morale è diventata centrale. E non si risolve con gli slogan”.
Il problema non è che la Meloni ha vinto. Il punto è che la sinistra ha perso. E non solo elettoralmente. Ha perso l’anima, la base, la strada, il popolo. Si è rinchiusa nei salotti, ha parlato solo ai laureati, ai minoritari, ai cortili della ZTL. E ora piange perché il fabbro vota a destra. Ma che cazzo vi aspettavate?
E allora sì, oggi un vecchio comunista vota Meloni. Lo fa con rabbia, con disillusione, ma anche con lucidità. Perché ha capito che la sinistra lo ha mollato. Lo ha disprezzato. Lo ha sostituito con uno storyboard da ONG. La sinistra ha dimenticato la lezione di Pasolini: “Io so. Ma non ho le prove”. Ecco, noi operai, vecchi compagni, le prove le abbiamo eccome. Le abbiamo sotto forma di bollette, precarietà, schifo istituzionale. E nessuno che ci difende più.
Io non sono meloniano. Figuriamoci… Ma vedo. E sento. E capisco. E mi incazzo. Perché quello che la sinistra sta subendo non è un furto di voti. È una resa. Una fuga. Un suicidio con sorriso e bandierina arcobaleno.
E allora che si fotta.
Evviva chi lavora. Evviva chi non ci crede più.
Evviva chi ha detto basta. Anche se ora vota Giorgia.