Un coglione paga per il nulla, e il mondo applaude. Benvenuti nella nuova cappella Sistina dell’idiozia.
di Gina Lava
Dunque. Uno stronzo con la puzza sotto al cazzo, tale Salvatore Garau, ha venduto per 18.000 dollari una “scultura invisibile” intitolata “I Am”. E no, non è satira, non è un meme, non è nemmeno un’invenzione di Crozza: è la realtà di merda che ci meritiamo. Il coglione che ha comprato l’opera ha ricevuto solo un certificato d’autenticità. L’opera? NON ESISTE. È letteralmente il cazzo di niente.
Benvenuti nell’arte contemporanea, quella che riesce a venderti aria fritta senza nemmeno l’aria. E che ti prende anche per il culo con una pacca sulle spalle.
“Non si vede, ma c’è”, dice Garau. E allora fanculo anche te, fratello. Non si vede nemmeno la mia pazienza, ma ti giuro che sta finendo.
Io sono cresciuta con le tette di Moana Pozzi, il pettorale di Rambo, i quadri di Schiele e i crani aperti di Bacon. Gente che, nel bene o nel male, aveva qualcosa da dire, da mostrare, da vomitare addosso al mondo.
Questo qui invece ha cagato nel vuoto e qualcuno ha pure pagato per annusare la puzza.
E no, non è solo lui il problema. Il vero tumore sono i critici d’arte col culo parato, quei maledetti spacciatori di intellettualismo da pizzeria vegana che si masturbano di fronte al nulla e ti spiegano che tu “non capisci un cazzo”. Sai che c’è?
Io non capisco un cazzo, ma almeno non sono una rincoglionita che spende DICIOTTOMILA cazzo di dollari per il nulla.
Poi arrivano le foto dell’allestimento: tre COGLIONI in guanti rosa che solennemente sistemano il nulla su un piedistallo bianco. Mi sembrava di guardare la foto della mia verginità.

L’arte non può essere una truffa col bollino fighetto sopra.
Il concetto, il pensiero, il simbolismo: tutto bellissimo, ma devi avere le palle, il sangue, la carne, non sto teatrino per stronzi col portafoglio grasso e il cervello stitico.
E nel frattempo c’è chi non arriva a fine mese, chi dipinge per campare, chi scolpisce con le mani spaccate dal freddo e non vende un cazzo. Ma certo, vuoi mettere? Il mondo premia uno che ti vende un certificato per respirare la sua diarrea mentale.
Sai qual è la verità? Questa roba non è arte.
È una bestemmia culturale.
È un insulto a chi crea con il cuore.
È un dito medio alzato in faccia a chi ha ancora qualcosa da dire davvero.
E allora sapete che vi dico, filosofi del cazzo?
Anche io ho deciso di fare una scultura invisibile. Si chiama:
“Il Dio che guarda e bestemmia”.
Non si vede, ma vi giudica. E bestemmia. Forte.
Ve la vendo per 50.000 euro. Ma solo in contanti.
Il certificato? È una mia foto mentre vi piscio addosso. In silenzio. Come fa l’arte oggi.
Amen. E andate tutti affanculo.
La redazione ringrazia Enzo C. per la Segnalazione