Una città che incanta, un popolo che merita. E un’intera curva che se la prende nel culo.
di Christian Zuttioni
Non amo il calcio, non ne capisco un cazzo, ma amo lo sport. E sono juventino per tradizione di famiglia. Non chiedetemi la differenza tra un 4-3-3 e un 3-5-2, perché per me sono codici di un citofono rotto. Non capisco il fuorigioco, non mi frega un cazzo della Champions, e se vedo una partita intera è perché mi hanno legato a una sedia.
Ma amo lo sport. Quello vero. Quello che vibra nel sangue, quello che alza i pugni al cielo, quello che unisce la gente anche se puzza di sudore e birra calda.
E soprattutto, sono juventino per tradizione di famiglia.
Come si è monarchici per affetto alla nonna, o anarchici per reazione a uno zio carabiniere.
Essere juventino non è una scelta. È una malattia ereditaria.
E oggi, da juventino che del calcio frega poco, ma dello sport frega tanto, ringrazio il Napoli del IV scudetto. E lo ringrazio tre volte:
Per i Napoletani.
Gente vera. Gente di stomaco e cuore. Gente che se t’insulta ti fa ridere, se ti abbraccia ti senti a casa.
Un popolo con cultura millenaria, con orgoglio tatuato sulla lingua e sulla pelle, che trasforma ogni gol in poesia urbana e ogni coro in rivoluzione.
Loro vivono il calcio come dovrebbe essere vissuto: con passione, con voce rotta, con occhi lucidi.
Per Napoli.
Perché è Napoli. Perché è una città che respira storia, sangue, arte, anarchia e miracolo.
Perché se Dio avesse buon gusto, nascerebbe a Posillipo e mangerebbe pizza ogni giorno guardando il Vesuvio.
Perché nessuna città al mondo può vantare la bellezza e la decadenza fuse in un canto di Pino Daniele.
E poi diciamolo: quando il Napoli vince, tutta Napoli vince con lei.
E in un mondo dove trionfa chi ha più soldi, più petrolio e meno cuore, Napoli è la bestemmia perfetta nel rosario del sistema.
Per l’Inter e i suoi tifosi.
Che se la sono presa nel culo. E con gusto. E questa, lo ammetto, è la parte che mi ha fatto alzare in piedi.
Anche se non tifo, anche se non guardo le partite, vedere l’Inter piangere è uno sport nazionale.
Una gioia trasversale, una carezza per l’anima.
Perché l’interista medio ha sempre quella puzza sotto il naso da “noi siamo diversi”, salvo poi rosicare ammerda se alla Juve non vengono sparati tre rigori contro ed espulsi 11 giocatori.
E quindi sì: grazie Napoli.
Per la bellezza, per la verità, per lo sport.
E anche, se permettete, per questa sottile vendetta poetica con l’hashtag #intermerda che fluttua tra le stelle.
Lo sport, quando è vero, fa bene anche a chi non lo capisce.
E oggi, Napoli ha fatto bene a tutti.
Tranne agli interisti.
E non è bellissimo?