Come ti trasformo un volano economico in una fossa biologica di memorie putrefatte
Di Christian Zuttioni
Una volta era il cuore pulsante dell’economia goriziana, la nostra finestra sull’Est, il luogo dove si parlavano tutte le lingue tranne quella del fallimento. Oggi è un relitto all’aria aperta, il simbolo della masturbazione istituzionale, la sagra della paralisi decisionale condita da vent’anni di incapacità, collusioni e clientelismi da vomito.
La Fiera è morta e il funerale lo paghiamo tutti. Ogni cazzo di anno
Via della Barca, Gorizia. Fosse a Praga, sarebbe un viale fieristico d’élite. Fosse a Nova Gorica, sarebbe una macchina da guerra turistica. Invece è a Gorizia. E quindi è un abbandono assistito, una ruggine pubblica col bollino blu del “ci stiamo lavorando”. Peccato che lavorino solo le muffe. Dei tre padiglioni, uno respira a fatica. Gli altri due servono come monumenti alla sfiga, alla burocrazia da cumparielli e al solito balletto di dirigenti e politicanti che parlano di cultura con la stessa credibilità di un vegano che vende porchette.
Nel mentre, ogni anno, la città sputa sangue per tenere in piedi l’impalcatura: 100.000 euro l’anno solo per tenerla chiusa, due milioni per tentare un’impossibile resurrezione tra infiltrazioni, impianti che bestemmiano da soli, pareti che trasudano rassegnazione e topi più organizzati dei politicanti prezzolati che l’hanno demolita.
Prendete la cazzo di Google Maps e guardate Riva del Garda. Popolazione ridicola, collegamenti da Medioevo e una densità vaccina da film di Sorrentino. Un posto BELLISSIMO ma sperduto in mezzo alle montagne che, per arrivarci, ti tocca una cazzo di Odissea di Alpi e stradine di montagna. Eppure lì hanno avuto la testa, le palle e la visione per costruire uno dei poli fieristici più dinamici. Come? Con investimenti veri. Con gente che le fiere le conosce, non le confonde con i mercatini della scorreggia d’autore. Con dirigenti capaci di parlare inglese, di trattare con partner stranieri, di capire che una fiera è un acceleratore, non un recinto per gli amici degli amici.
A Riva del Garda ogni anno entrano milioni. A Gorizia entri tu. E ti prendi il tetano.
A Gorizia c’è la posizione. Mancano le persone oneste.
Siamo in una delle posizioni più fortunate dell’intero cazzo di continente. Collegata a Vienna, Trieste, Udine, Lubiana e tutta la penisola balcanica. C’è la ferrovia, l’autostrada e a mezzo sputo c’è l’aeroporto. È perfetta per eventi internazionali, per congressi, per startup, per saloni del gusto, del vino, dell’artigianato, della tecnologia, del turismo esperienziale. Gorizia è letteralmente al centro geografico dell’Europa. E invece? Invece la usiamo come appoggio per le scartoffie, i bandi farlocchi e i deliri da progettisti in acido.
E qualcuno osa ancora dire che potremmo trasformarla in una merda di “centro commerciale”
NO!!! IL CENTRO COMMERCIALE TE LO SPINGI NEL CULO!!!
Non si può sentire. Non si può nemmeno pensare. A Gorizia ci sono più vetrine chiuse che culi in Piazza Vittoria durante il comizio del Duce nel 43. Un centro commerciale, in una città che sembra Sarajevo nel 1993, è uno sputo in faccia ai piccoli esercenti, ai bottegai che hanno resistito a tutto – pandemia, Amazon, IMU, burocrazia – e che adesso si vedrebbero azzannare anche le ultime speranze da una scatola di plastica prefabbricata con Zara, KFC e negozi di cover per smartphone.
Volete il rilancio commerciale? Bene. Date incentivi ai piccoli, azzerate affitti, abbattete tasse, fate vivere il centro storico. Ma se tirate su l’ennesimo centro commerciale, allora ditelo chiaramente che volete il deserto e fatevi assumere da McKinsey. Almeno ci fate la figura dei bastardi veri, ma con le palle. Non di quelli travestiti da progressisti “smart”.
Il bando per “ripensare” l’Ente Fiera? Un capolavoro di minchioneria coreografica. Uno di quei teatrini dove si fingono consultazioni, inclusività, partecipazione. Tutta fuffa per dare legittimità a decisioni già prese in una stanza chiusa a chiave da vent’anni. I partecipanti? Gente volenterosa, per carità. Ma è tutto deciso prima. I soliti architetti figli di qualcuno, i soliti studi amici di amici, i soliti rendering coi pannelli solari e le biciclette con le ruote quadrate.
Ma sapete che vi dico? Basta. Basta infiocchettare la merda. Volete fare qualcosa di serio? Metteteci un po’ di quei soldi che regalate a cazzo di cane alla cerchia dell’amichettismo. Riempite i padiglioni di contenuti, portate eventi, aprite le porte. Chiamate professionisti veri. Copiate Riva del Garda, cazzo. Copiatela senza vergogna. La creatività va bene nei festival, qui serve gente coi conti in mano, con esperienza, con rapporti internazionali. Non disegnatori da Instagram.
La fiera potrebbe salvare Gorizia. Se solo qualcuno la volesse davvero salvare.
Ecco il punto. L’Ente Fiera, se gestito con cervello, potrebbe essere il cuore di un nuovo boom demografico. Potrebbe attirare imprese, giovani, famiglie. Potrebbe trasformare la città in un hub dell’innovazione, della cultura, dell’enogastronomia. Potrebbe essere il polmone di un’economia che non campi solo di bandi europei e gite scolastiche. Potrebbe diventare, a tutti gli effetti, la leva per invertire la dannata curva demografica che ci vede invecchiare, sgonfiarci e spegnerci.
Ma per fare questo servono visione, coraggio e soprattutto un esercito di teste pensanti e meno LADRI. Invece abbiamo un cimitero di teste di cazzo che si cagano addosso quando arriva il BOSS della Camera di Commercio e dice di non rompere i coglioni.
Oggi la Fiera di Gorizia è lo specchio dell’anima della città.
Lo specchio di quello che siamo diventati: un popolo che si accontenta delle briciole, che confonde il marketing con la progettazione, che si fa bastare due lucine e una brochure. Gorizia ha tutto per rinascere. Ma ha anche tutto per fallire. Perché ogni volta che ha l’occasione di fare il salto, si guarda allo specchio… e si autodistrugge.
Però si continua a sperare di tornare capoluogo di provincia.
⛔️I VAFFANKULO UNIVERSALI™ ⛔️
VAFFANKULO a chi ha sepolto la Fiera: Avevate oro in mano e l’avete trasformato in diarrea con le travi. VAFFANKULO ai progettisti da Instagram: Rendering del cazzo, idee di merda, e cervello in modalità aereo. VAFFANKULO al centro commerciale: Buttatelo nel culo, insieme a Zara, KFC e i vostri neuroni fusi. VAFFANKULO al “ci stiamo lavorando”: State lavorando un cazzo: muffe e topi vi battono 10 a 0.VAFFANKULO al bando farlocco: Tanto è già tutto deciso da vent’anni tra compari e lecchini. VAFFANKULO al boss della Camera di Commercio: Quando apre bocca, muore un’idea e nasce un’altra marchetta. VAFFANKULO ai vent’anni di chiacchiere: Siete la diarrea della progettazione: liquidi, inutili, puzzolenti. VAFFANKULO ai politicanti del cazz0: Vendete cultura come i tossici vendono il rame: a peso di merda. VAFFANKULO all’autodistruzione goriziana: Appena vedete un’opportunità, vi ci sedete sopra e scoreggiate. VAFFANKULO a chi si accontenta delle briciole: Leccate vetrine chiuse e vi eccitate per due lucine da sagra.
Prossimamente, EPISODIO II: Tutte le teste di cazzo in fila indiana