La Cisint spinge, la Lega tace, Calligaris trama. E Gorizia? Gorizia si masturba con le vecchie cartine geografiche.
di Mal Pensante
Ci risiamo.
Il circo è tornato in città. Quello con i politici da retrobottega, i manifesti spelacchiati e la parola magica che fa luccicare gli occhi ai goriziani come un bicchiere di Tocai a stomaco vuoto: “provincia”.
Sì, perché da qualche anno a Gorizia si vive in questo stato di estasi posticcia, come se bastasse resuscitare la “Provincia di Gorizia” per rimettere in piedi una città che da almeno due decenni non comanda nemmeno sulla gestione dei suoi parcheggi. Una città che oggi sopravvive più per una sorta di accanimento terapeutico, mentre il suo orgoglio si gioca tutto su eventi con l’assessore di turno che inaugura mostre su com’è cambiata la maniglia delle porte tra l’Impero Austro-Ungarico e il secondo dopoguerra.
Ma c’è un dettaglio che nessuno ha il coraggio di gridare, tranne noi:
il capoluogo della nuova provincia potrebbe non essere Gorizia. Potrebbe essere Monfalcone.
E non per un errore, ma per una logica di potere e potenza. Perché oggi Monfalcone vale politicamente ed economicamente dieci volte Gorizia. E questa realtà dà talmente fastidio che si preferisce non parlarne, sperando che il problema scompaia come un’ordinanza mai pubblicata.
La Cisint, Calligaris e la locomotiva bisiaca.
Il progetto di ripristino delle province non nasce per amore della memoria storica o per rispondere alle esigenze dei territori. Nasce per una cosa sola: sistemare i parassiti politici rimasti senza sedia. In Regione Friuli Venezia Giulia, dove la Lega tira il carretto (e gli altri fingono di spingerlo), c’è una lista lunga mille miglia di politicanti che aspettano il momento buono per rientrare nei palazzi dalla finestra dopo essere stati cacciati a calci in culo dalla porta. E le province sono perfette per questo: nuovi enti, nuove elezioni, nuove poltrone da piazzare sotto culi costosi.
Chi guida il piano?
- Anna Maria Cisint, ex sindaco e ora eurodeputata, che ha trasformato Monfalcone da periferia irrisolta a epicentro di potere e consenso.
- Antonio Calligaris, consigliere regionale leghista, architetto politico dell’operazione.
- Una Regione che, sommessamente ma con determinazione, spinge Monfalcone come nuovo fulcro amministrativo.
E allora la domanda non è “tornerà la Provincia di Gorizia?”, ma:
“chi cazzo vi ha detto che sarà ancora Gorizia il capoluogo?”
Monfalcone: acciaio, ruspe, potere. Gorizia: ruggine, nostalgia, e piagnistei
Monfalcone oggi è una macchina da guerra politica ed economica.
Ha Fincantieri, ha visibilità nazionale, ha strutture, traffico, soldi e una narrazione identitaria che, piaccia o meno, funziona.
È rozza? Sì. Sporca? Nì. Ma comanda, detta l’agenda, ottiene risultati.
Gorizia, invece, è un pasticcio di centri storici desertificati, consiglieri comunali in crisi di mezza età, rotonde con i fiori secchi e idee amministrative copiate da volantini anni ’90.
Ha perso l’ospedale, ha perso lo sport, le caserme, la dogana, la Camera di Commercio, la Zona Franca, i negozi, le fabbriche, ha perso pure il suo primato morale. Nova Gorica, la sorella casinara d’oltreconfine, ormai le sputa in faccia e le caga in testa.
Eppure i goriziani, nella loro beata incoscienza, credono che basti una scritta su un timbro per tornare grandi.
Che ridare vita alla “Provincia di Gorizia” sia come lanciare un incantesimo che fa risorgere il passato con tutti i fasti, i portaborse e le bandiere. Ma non si rendono conto che questa provincia – se tornerà – sarà intestata, finanziata e gestita da altri.
E quel “altri” oggi si chiama Monfalcone.
Provincia o poltronificio?
Facciamo finta di non saperlo, ma lo sappiamo tutti: le province sono state abolite dalla Serracchiani in un impeto da tecnocrate lobotomizzato. Una minchiata istituzionale fatta per piacere a Roma che, come risultato, ha desertificato l’intermediazione amministrativa locale.
Ora che si vuole rimediare, non si parla di efficienza o strategia. Si parla di ripartizione di seggi, posti, scrivanie e incarichi inutili.
La verità è che questa operazione serve solo a dare uno stipendio – magari da presidente o da assessore provinciale – a qualche ex consigliere comunale fallito, qualche sindaco disoccupato, qualche galoppino con due lauree in management della fuffa e master in chiacchiere.
Gorizia, la scorreggia nella Bora
E mentre Monfalcone costruisce, negozia, impone, Gorizia cosa fa?
Si lecca le ferite. Pubblica post malinconici su Facebook. Organizza tavole rotonde tra tre gatti e un assessore in pensione. Spera.
Spera come i vecchi in fila alla posta che arrivi la pensione prima dell’infarto.
Ma non ha capito che questa volta non ci sarà nessun assegno. Solo un bollettino da pagare.
Il prezzo del tempo perduto, delle occasioni buttate, delle alleanze mai cercate e dei culi troppo comodi sulle sedie di un potere locale che non ha mai capito un cazzo.
Ecco il verdetto:
La provincia può anche tornare. Ma il capoluogo molto probabilmente si chiamerà Monfalcone e Gorizia sarà nient’altro che una scorreggia nella Bora, con la voce rotta dalla nostalgia e le mani bucate dal tempo.
E sarà solo colpa sua.