Occupazione in aumento: tutto merito mio.

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Editoriale da Guerra – Il Medio
di Mal Pensante

L’occupazione “aumenta” e scatta la gara a chi se la intesta: premier, ex premier, santi e fantasmi. Ma nel Paese reale si lavora male, si vive peggio e si muore in silenzio. Viva l’Istat.

Pare che l’occupazione in Italia stia aumentando. Non è chiaro come, non è chiaro dove, e soprattutto non è chiaro per chi. Ma poco importa: è bastato il segnale positivo dell’Istat perché scattasse il solito carnevale di rivendicazioni.

Giorgia Meloni, con l’entusiasmo di una cheerleader post-sovranista, si affretta a spiegare che è merito del Governo, cioè del suo, cioè di Fratelli d’Italia, cioè di lei. Aggiunge che “i numeri parlano chiaro”, salvo poi far finta di non sentire quando i numeri riguardano stipendi, inflazione o disoccupazione giovanile.

Giuseppe Conte non ci sta, e con sguardo da martire dice che in realtà l’aumento dell’occupazione è figlio delle politiche del suo esecutivo, cioè il Reddito di Cittadinanza e i bonus-pioggia lanciati come coriandoli pre-default.

Matteo Renzi riemerge dal suo podcast-spettacolo per rivendicare che tutto ciò è merito del Jobs Act, cioè di quell’invenzione che ha precarizzato anche il barista dell’INPS. “È stato il mio governo a modernizzare il mercato del lavoro”, dice serio come un broker nel 1929. La domanda è: modernizzare per chi?

Enrico Letta, sebbene assente, fa sapere tramite piccione viaggiatore che lui aveva già tracciato la strada nel 2013, ma è stato sabotato. Mario Draghi si limita a un sopracciglio alzato, che secondo i mercati vale come una benedizione occupazionale.

Tajani, in evidente crisi d’attenzione, ricorda che tutto è cominciato con Berlusconi: “Fu Silvio a creare il lavoro col sorriso”, citando il contratto con gli italiani e dimenticandosi che metà di quelli firmati erano con ragazze dell’Est.

 

Salvini butta lì che è anche merito suo, perché ha difeso i confini dai clandestini che “ci rubano il lavoro” (tranne quando raccolgono pomodori per 3 euro al giorno). Calenda si appropria della crescita industriale, pur essendo disoccupato cronico e anche dalla politica, e persino Bonino sostiene che il lavoro è aumentato grazie all’Europa, cioè a quella cosa che non ha mai capito cosa farne dell’Italia.

Poi arriva lui: Pierferdinando Casini, che fa sapere in un’intervista a Famiglia Cristiana che tutto ciò era già nei suoi discorsi del 1998. Bersani mugugna che “ci vuole una ditta seria”, D’Alema dice che “il lavoro lo inventavamo noi, quando c’era il Pci”, e Prodi compare per dire che è tutta questione di euro e che i comunisti non mangiano i bambini. Caso mai se li vendono a Bibbiano.

Ma non finisce qui.

Bossi sostiene che “è merito del Nord, che lavora anche per i terroni”, Cossiga – dalla tomba – ricorda che è merito dei suoi picconamenti, Andreotti – dalla destra del Padreterno (a sinistra c’è Francesco) – firmerebbe un patto di stabilità con il diavolo pur di intestarsi l’ennesima statistica positiva. De Gasperi osserva da un santino, mentre qualcuno sussurra che fu Benito Mussolini a inventare il lavoro in Italia, creando l’INPS, le bonifiche, e soprattutto l’epica retorica dell’“ho fatto io” che oggi tutti i leader scimmiottano con meno mascelle ma più social manager.

Alla fine, manca solo il Gesù a dire che è merito dello Spirito Santo.

Nel frattempo, nel mondo reale, quello dove si lavora davvero: un operaio a Cuneo viene tritato da una pressa perché lavorava da solo di notte. A Napoli una maestra viene pagata 1.200 euro netti per educare trentacinque adolescenti armati di TikTok, testosterone e, quando va bene, qualche coltello. A Cervignano, una madre deve vendere un rene su OnlyFans per comprare un chilo di carne macinata da Eurospin.

Le bollette? Estorsione legalizzata. La benzina? Solo per ricchi e spacciatori. I giovani? Non fanno più la patente perché l’auto è un sogno da influencer con sponsor. Siamo la nazione con la politica più costosa d’Europa, i sindacati più collusi del mondo e gli stipendi da terzo mondo con le tasse del primo. Ma tranquilli: “l’occupazione è aumentata”. Lo ha detto l’ISTAT

In conclusione, tutti a rivendicare, nessuno a rispondere. Se i numeri vanno male, è colpa del passato. Se vanno bene, è merito loro. E il popolo? Un fastidioso effetto collaterale da gestire a colpi di propaganda. In questa Repubblica dei Miracoli Statistici, nessuno sbaglia mai, nessuno paga mai, e intanto l’Italia lavora, arranca, si arrangia e muore in silenzio. Perché l’occupazione sarà anche salita, ma la dignità – quella vera – non la registra l’Istat. E non la firma nessun premier.

 


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