A Trieste anche i muri cadono per la vergogna. Ma tranquilli: Comune e Comunità Serbo-Ortodossa promettono miracoli. Dopo 37 anni.
Disclaimer: Questo articolo contiene dosi massicce di satira volgare, sarcasmo industriale e istinti omicidi verso l’idiozia istituzionale. Se siete deboli di cuore o fan de Il Piccolo, tornate a giocare a Sudoku.
Trieste, città di Bora, baristi depressi e palazzoni che si scrostano come croste di vaiolo: benvenuti a Palazzo Gopcevich, dove la storia si sfalda più in fretta di una promessa elettorale.
Il Comune — che notoriamente si muove alla velocità di un bradipo morto — si è finalmente accorto che da quell’elegante facciata potrebbero piombare in testa più calcinacci che patate a un rave agricolo. Soluzione? Transenne. Geniale. Magari fra quarant’anni, chi sarà sopravvissuto ai detriti, potrà assistere anche a una mano di vernice.
A parlare, con la solita aria da ‘non è colpa mia’, è l’assessora ai Lavori Pubblici, una certa Elisa Lodi, che ci rassicura: “abbiamo chiesto un contributo ministeriale”. Per chi non parla il politichese: significa che hanno mandato una mail con oggetto “Help” e ora stanno aspettando che qualche burocrate romano, tra un aperitivo e una stecca di Marlboro, si ricordi di loro.
E poi, la Comunità Serbo-Ortodossa — che ringraziamo con un inchino e una slavina di bestemmie — si è offerta di restaurare le statue in graniglia. Quelle raffiguranti zar, condottieri e fanciulle che, al confronto, il cosplay di Lucca Comics sembra realismo socialista. Non pervenuta, invece, l’offerta di salvare le crepe, forse considerate patrimonio culturale pure quelle.
Lo storytelling della stampa locale si sforza pure di emozionarci: “Una famiglia di nobili montenegrini, il centro della vita portuale, l’epopea serba, il Museo teatrale”. Peccato che, ad oggi, il palazzo ospiti più muffa che visitatori, e che l’unico vero richiamo sia per Instagrammer rincoglioniti a caccia di prospettive decadenti da postare con hashtag tipo #UrbanDecay #FeelingDeep.
Dal 1998 il Comune è il padrone di casa, e la gestione è stata talmente brillante che ora anche i piccioni si rifiutano di cagare sulla facciata, per rispetto del degrado naturale.
Quindi, riassumendo: si sbriciola tutto, l’intervento arriverà mai, forse il contributo pure, e intanto le transenne sperano di non venir giù pure loro. Un capolavoro.