25 Aprile: Agriturismo batte antifascismo

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EDITORIALE INTERNAZIONALE PROLETARIO
di Laško Velik

“Za Sovjetsko! E vaffanculo il catering della memoria.”

Bentornati nella cloaca annuale del 25 aprile, dove si mescolano retorica marcia, ipocrisia di sinistra e alito di vino sfuso da mercatino equo-solidale.

La “Festa della Liberazione”?
No, compagni miei del cazzo: è diventata la Sagra Nazionale dell’Agriturismo con Pataccone Resistenziale Allegato.

Oggi non si resiste più. Si digerisce.

Mentre i veri fascisti se la ridono nei consigli d’amministrazione, la sinistra da passeggio si raduna in piazza con le bandiere dell’ANPI cucite dalla nonna in un centro anziani occupato.

Gridano “antifascisti sempre”, ma non sanno un cazzo né di fascismo né di antifascismo.
Se lo immaginano come un cosplay con la kefiah, lo spritz in mano e il pugno alzato solo quando non c’è campo per TikTok.

Mio nonno era partigiano. Uno vero. Jugoslavo. Sporco, affamato e incazzato.

Sparava, sabotava, uccideva i nazisti, e se c’era da morire, moriva. Non faceva podcast.
Non si faceva le foto nei boschi con la camicia di flanella e lo slogan scritto a pennarello sul cartone del supermercato.

Lui la Resistenza l’ha fatta con il fucile in spalla, non con l’aperitivi in mano.
E se vi avesse visti, voi, coi vostri cori stonati, i vostri striscioni scritti coi glitter e le sneakers firmate, vi avrebbe sputato sulle scarpe.

Antifascisti moderni da salotto

Il 25 aprile è diventato il ponte lungo dell’ipocrisia.

Il giorno in cui chi non capisce una sega di lotta di classe si sente Che Guevara perché ha partecipato a un flash mob contro l’Esselunga.
Poi devastano i muri, le panchine, i cestini, spaccano tutto “contro il sistema” ma usano l’iPhone per filmarsi mentre lo fanno.

Ma dove cazzo eravate voi quando la sinistra tradiva i lavoratori, svendeva le fabbriche, regalava i diritti alle multinazionali e lasciava i proletari a fottersi nei call center?

Il vostro antifascismo è un brunch colto e inoffensivo.

È la resistenza con la quinoa. La lotta di classe fatta con la playlist di Guccini e la carbonara vegan.
È il 25 aprile come evento Facebook, con tanto di dress code rosso e info utili sul parcheggio.

 

 

 

Non vi frega un cazzo della storia. Vi interessa solo sentirvi giusti.
Avete sostituito l’Internazionale con i cori da stadio e la militanza con la recensione su TripAdvisor dell’agriturismo antifascista “La Vecchia Brigata”.

E intanto, il fascismo? Quello vero?

Quello che controlla il lavoro, che sfrutta, che affama, che bombarda?
Tranquilli: non lo vedete. Siete troppo impegnati a menare un poveraccio perché ha una bandiera sbagliata sul balcone.

Il fascismo è nei palazzi, ma voi vi sfogate a devastare un bancomat, a incendiare un motorino, a vandalizzare una scuola.
Complimenti. Siete la parodia scadente dei teppisti.
Siete più borghesi dei vostri padri, ma giocate a fare i rivoluzionari nel weekend.

Avete preso il 25 aprile e l’avete trasformato in un’orgia di ignoranza autoassolutoria.

Una festa del cazzo dove si canta Bella Ciao mentre ci si ingozza di tagliatelle e si firma il contratto a chiamata per fare volantinaggio elettorale.

La Resistenza era sacrificio. La vostra è un apericena con Dj set antifascista.
E se osi dire che forse qualcosa non torna, che forse sarebbe meglio riflettere invece che postare, ecco che ti danno del fascista. Del boomer.
Ma io non sono fascista.
Io sono comunista. E voi mi fate vomitare.

Il mio antifascismo è sangue, pane duro e barricate.

Il vostro è storytelling e merchandising.

Il mio antifascismo stava nei calli dei contadini che sabotavano i treni.
Il vostro sta nelle felpe con la stella rossa prodotte in Cina a due euro al pezzo.

Quindi tenetevi il vostro 25 aprile da Instagram.
Io mi faccio un litro di refosco in osteria, con i pochi che ancora sanno che cos’è la dignità.
Il resto potete buttarlo nel compost del vostro orto urbano in terrazza.

A cura di Laško Velik. Editorialista Internazionale Proletario de Il Medio
Ex partigiano nel DNA, comunista senza permesso, nemico giurato dei borghesi travestiti da rivoluzionari.

 

 


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