Trump si fotte l’Europa, la Germania trema e l’Italia se lo piglia. E Gioggia?

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La UE si inginocchia a Trump per le auto tedesche, sputando in faccia all’Italia. Tajani non conta un cazzo, la sinistra tifa contro la Meloni e intanto il Made in Italy si prende l’ennesimo calcio nei coglioni.

ATTENZIONE: Se sei un giornalista di Repubblica, del Ratto Quotidiano, o merdate simili, se sei  un radical-chic col cachemire, uno studente Erasmus vegano gender fluid oppure un prete che predica il vangelo ma affitta la chiesa per l’Eid al-Fitr e fa le foto di nascosto ai ragazzini: non leggere quest’articolo. Ti potrebbe far esplodere il culo e venire un attacco di realtà.

Signore e signori, ecco a voi il nuovo miracolo diplomatico made in Europa: una leccata di culo collettiva, con sputi inclusi, direttamente alla Trump Tower.

Protagonista? Ursula von der Leyen – la santona teutonica del cazzo, quella che invece del crocifisso tiene sopra il letto un poster della Merkel in versione Madonna col capezzolo al vento, dipinta da Botticelli sotto acido – ha deciso di mandare il suo zerbino umano, Maroš Šefčovič, a farsi sodomizzare diplomaticamente da Donald Trump.

Missione ufficiale? “Trattare dazi zero con gli USA per difendere l’industria europea.”
Traduzione reale? Andare a prendere nel culo con grazia e inchino, sperando che The Donald molli lo sconto amichevole sulle robe industriali tedesche. Perché è chiaro, chiarissimo: qui si tratta solo di salvare la fottuta Germania. Il resto dell’Europa può pure impiccarsi con le salsicce scadute o affogare nella merda dei propri debiti. Chi se ne frega.

E l’Italia, porca troia? L’Italia come sempre nel ruolo nobile del cesso pubblico dell’Unione Europea.
Abbiamo il cibo migliore, i vestiti migliori, le macchine migliori, la figa migliore, e pure i santi migliori… ma per Bruxelles valiamo meno di uno sputo nel tombino. Il nostro agroalimentare, la moda, i salumi, il vino, la pasta, le eccellenze artigianali? Tutta roba che Ursula e i suoi lecchini considerano merda aromatizzata. Loro, intanto, costruiscono strade dorate per far passare le loro Golf di merda e i frigoriferi da discount con l’etichetta “Made in Germany”. Noi invece, per esportare un pecorino, dobbiamo passare attraverso venti commissioni, due messe nere, e poi prenderci pure una sanzione perché “marchio troppo protetto”

Ah, ma non vi preoccupate: c’è Tajani! Il barzellettiere del nulla.

Antonio Tajani, l’uomo che quando dice “Unione Europea” sembra che si stia toccando sotto al tavolo. Il servo dei servi, il camerierino delle istituzioni, il porcellino rosa che sorride mentre lo sodomizzano con il regolamento CE 1736/2009. Quando Ursula ha mandato il suo troione diplomatico Šefčovič a offrirsi a Trump come puttana d’alto bordo, Tajani ha dichiarato: “È un passo importante per l’unità dell’Europa.” Ma vaffanculo! Unità de ‘sto cazzo! Ogni volta che Bruxelles blatera di “unità”, un imprenditore italiano si spara in bocca, una famiglia chiude la bottega e un francesino se la ride con la baguette su per il culo. E noi? Noi qui, a prenderlo senza vaselina, senza pietà e senza nemmeno un bacio preliminare.

E poi arriva lui: Donald “ti do il cazzo ma non lo sconto” Trump.

L’unico che ancora oggi riesce a mandare a fanculo l’Europa con stile, col sorriso da figlio di puttana stampato in faccia. Ha guardato Šefčovič dritto negli occhi – con la stessa espressione con cui si guarda un cane che ha appena pisciato sul tappeto – e gli ha detto: “No deal”. Che in italiano vuol dire: “Col cazzo che ti faccio lo sconto, fottuto pezzente leccaculo”  E noi? Abbiamo goduto. Sì, porca troia, abbiamo goduto come porci che sguazzano nella loro merda mentre ingravidano la scrofa di turno. Vedere un burocrate europeo tornare a casa con il culo ustionato da un NO trumpiano è un piacere che non ha prezzo. Altro che finale dei mondiali: qui c’è gusto, qui c’è vendetta.

 

Adesso tutti attaccati al culone di Gioggia; Donna, Madre, Italiana, Cristiana!

Oggi tocca a lei andare a Washington. E giù con le seghe istituzionali: “Giorgia rappresenterà l’Europa!”
Ma vaffanculo! Ma chi cazzo l’ha eletta per rappresentare l’Europa? Nessuno! Lei deve rappresentare noi. L’ITALIA!!! Quella vera. Quella dei tartufi, delle mozzarelle che ti fanno piangere, delle mani che lavorano, del pane caldo e del vino più buono del mondo. Non Berlino, non Parigi, non Bruxelles e manco il buco del culo profumato di quel mezzo frocio di Macron.

La vogliamo là con la bandiera sul petto e il dito medio alzato.

Non sorridente, non diplomaticamente corretta, non pronta al compromesso. Noi la vogliamo incazzata, con lo sguardo che ammazza, pronta a sventolare il tricolore in faccia a chiunque provi a metterci sotto. Se non torna con qualcosa di concreto per noi, allora è l’ennesima marchetta al sistema, e che si fotta anche lei.

E la sinistra? Ah, la sinistra del cazzo… sempre pronta a sperare nel disastro.

Quelli che vivono per parlare di froci, di Gay Pride sponsorizzati da Nestlé, di accoglienza obbligatoria di qualsiasi parassita, di rispetto per i minorenni coi cazzi colorati disegnati sulla fronte. Quelli che, mentre le aziende italiane falliscono, si masturbano sperando che Giorgia faccia una gaffe. Che dica una parola sbagliata. Che faccia una smorfia. Che sbagli la foto. E poi tutti lì a ridere come scimmie in acido: “Eheheh, che figura di merda ha fatto Giorgia, uah uah uah.”
Intanto i loro figli si pippano sushi e coca coi bonus cultura e i nostri imprenditori si impiccano col laccio delle scarpe.

Ma la verità è questa: l’Europa vuole l’Italia morta. Spappolata. Svenduta.

Ci odiano perché siamo meglio. Ci temono perché abbiamo ancora cervello, mani, gusto, passione.
E quindi ci impongono regolamenti del cazzo, limiti sui nitrati, etichette da manicomio, mentre i tedeschi vendono wurstel alla diossina e i francesi piscio di capra in bottiglia da 60 euro.

E i giornali? I media? I cani da riporto.

A leccare il culo a Bruxelles. A dire che Trump è un pericolo, che Giorgia non capisce una sega, che dobbiamo essere “fedeli all’Europa”. Ma fedeli a chi, figli di troia? A quelli che ci sputano addosso e poi ci chiamano mafiosi, terroni, razzisti? Noi dobbiamo essere fedeli solo a noi stessi. Solo all’Italia. Al nostro lavoro, alle nostre mani, ai nostri campi, al nostro cibo.

E sapete che c’è? Il Made in Italy non morirà MAI.

Perché mentre i burocrati si fanno le pippe con le direttive, gli americani continueranno a leccarsi i baffi con il nostro parmigiano, a fottersi di gioia con le nostre scarpe, a comprare le nostre borse, a sbavare dietro i nostri panettoni, a impazzire per i pomodori e a svenire davanti a una Ferrari.

Quindi Giorgia, cazzo, vai là. E SPACCA.

Non ti far fottere. Non ti inginocchiare. Non sorridere. Porta l’Italia come si porta una fottuta regina.
E ricordati: o torni con un accordo che mette l’Italia libera dalla schiavitù europea, o sarà stata solo un’altra marchetta con finale a bocca aperta.

E se non succede, tranquilli.

Il popolo italiano si sta svegliando. E la prossima volta, a Bruxelles, non ci mandiamo Tajani.
Ci mandiamo uno col pisello duro, la voce roca e la bestemmia pronta. Uno che entra in Parlamento europeo, tira fuori le palle e rutta in faccia a Ursula. Con sputo e vaffankulo, grazie.

 


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