QWERTY e Patriarcato: breve storia delle tastiere sessiste e della rivincita a colpi di Enter

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Segretarie, femministe e tastiere chiclet: storia non autorizzata della digitazione di genere.

di Redazione

C’è una verità scomoda che nessuno ha mai osato digitare: le tastiere del computer sono un campo di battaglia ideologico, un terreno minato di plastica e pregiudizi, un manifesto sessista lungo 104 tasti.

Le tastiere “a tasto alto”, quelle vecchie, rumorose, che sembrano progettate da un ingegnere dell’Inquisizione Spagnola sotto metanfetamina, sono chiaramente una trappola di genere. Il loro design a “cannone verticale” è stato pensato per un solo scopo: dare spazio alle unghie lunghe. Non per esigenze ergonomiche. Non per una migliore pressione. Ma per rendere comoda la digitazione a chi, tra uno smalto e un occhiolino, doveva battere lettere d’amore al capoufficio con la sigaretta accesa e il reggicalze in evidenza.

Un tributo alla segretaria sexy. Altro che Olivetti e progresso: era pornografia da scrivania.

Le dattilografe, nell’iconografia aziendale degli anni ‘70 e ‘80, erano la personificazione del capitalismo con il rossetto: belle, silenziose e addestrate a picchiare sui tasti come un batterista jazz depresso. Il tutto per trascrivere i deliri orali di maschi in doppiopetto che non sapevano nemmeno scrivere il proprio nome senza ordinare: “Signorina, prenda nota”.

Poi arriva il femminismo.

E cosa succede? La rivoluzione, ma non dove pensate voi. Nessuna parità salariale, nessuna dignità. No, il primo effetto tangibile delle lotte femministe è la tastiera “a tasto basso”, la cosiddetta “a chiclet”, come la gomma da masticare. Silenziosa, piatta, sottile. E unisex.

 

Finalmente l’uomo moderno può essere anch’egli relegato a segretario. Con una tastiera piatta e insipida, a scrivere email per il proprio capo donna con i capelli rasati e una laurea in sociologia queer decoloniale. Ora è il maschio a premere delicatamente il tasto “Esc”, metafora perfetta della sua virilità fuggita.

Il PC è diventato uno strumento di controllo di genere, un terreno neutro dove l’oppressione cambia forma: dalla tastiera meccanica (patriarcato nostalgico) a quella da notebook (femminismo inclusivo passivo-aggressivo). Le case produttrici sanno. Apple, con le sue tastiere ultrasottili e i suoi tasti che si premono solo con l’indice educato di chi ha fatto un master in design emozionale, è l’espressione definitiva del maschio castrato.

Il futuro?
Ci aspettano tastiere neutre fluide, senza lettere, solo emoticon e vibrazioni. La tastiera sarà un campo sensoriale da sfiorare con il pensiero, che interpreterà automaticamente se stai scrivendo una mail di lavoro o una denuncia per molestie.

Ma attenzione: si vocifera che Elon Musk stia lavorando a una tastiera con tasti alti retrattili, che si alzano solo se ti identifichi come cisgender e nostalgico del Commodore 64. Si chiamerà “MAGAtastiera™” e avrà un tasto dedicato con Intelligenza Artificiale Patriarcata per twittare insulti ai trans.

Tutto questo per dire che la tastiera non è un oggetto. È un manifesto politico, un simbolo sessuale, un’arma di distruzione di genere. Prima di battere su una qualsiasi lettera, domandati: sto scrivendo o mi sto sottomettendo?
E soprattutto: che genere ha la mia barra spaziatrice?


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