Spiegazione scientifico-pragmatica sul perché non me ne fotte una beata minchia.
Ieri mattina, ore 7:30, Papa Francesco ga tirà i crachi. Lo dico così, gorizianamente, senza troppi fronzoli, senza riverenza, perché tanto nel mondo reale non si usano le parole dolci quando muore uno qualunque. È tornato alla Casa del Padre, dicono. Io dico che ha smesso di usufruire di tutti i comfort della sua dorata gabbia vaticana mentre la gente moriva di fame. Mi pare già più onesto.
E come ogni volta che uno con lo zucchetto bianco ci lascia, l’Italia si ferma. Anzi, l’Itaglietta del lutto a comando si inchioda proprio. Speciali in diretta, pianti in mondovisione, il TG1 in crisi mistica, le vecchie che tirano fuori il rosario e i radical chic che si sentono in dovere di dire “non ero d’accordo con la Chiesa, ma Francesco era un grande uomo”. Certo, un grande uomo: se ti piacciono le favole ipocrite raccontate da chi dorme su cuscini d’oro.
In queste 24 ore di necro-follia televisiva, sapete cos’altro è successo? Bombe sull’Ucraina (e no, non cominciate con l’eroismo di Zelensky, che a me pare solo un cocainomane in mimetica col portafoglio pieno). In Palestina i soliti noti hanno continuato indisturbati la loro personalissima “operazione pulizia”, come sempre su donne, vecchi e bambini. Altri 25.000 poveracci sono morti di fame, mille e passa di overdose, e nel mondo, in silenzio, e circa 250 bambini e adolescenti sono morti per cause legate all’AIDS. Il tutto mentre il Papa…
…faceva il morto di lusso.
Ma oh, poverino, era “il Papa dei poveri”!
Sì. Dei poveri stronzi che ancora ci credono.
Perché non ci avete fatto caso, vero? Ogni volta che c’è da vendere un pezzo di San Pietro per sfamare un milione di bambini, la risposta è sempre la stessa: “La Chiesa non è una banca”.
Strano, visto che lo IOR è un istituto finanziario con più scheletri nell’armadio della famiglia Provenzano.
Papa Francesco, come i suoi predecessori, ha predicato bene (a tratti) ma razzolato nella porchetta. Ha fatto il giro del mondo coi voli di Stato italiani, si è portato appresso una corte di ruffiani in tonaca, e ogni volta che si parlava di fare davvero qualcosa per i disperati, lui si metteva a benedire i selfie.
E non dimentichiamoci di quando scappava come un sorcio dai microfoni de Le Iene che volevano sapere perché avesse coperto i preti PEDOFILI.
Ma che volete farci, il Regno di Dio funziona così: l’importante è nascondere tutto sotto il tappeto, magari dietro un bel “Padre Nostro” recitato a cazzo in latino.
A proposito: ma vi rendete conto che siamo nel 2025 e ancora esistono gli Stati teocratici? Il Vaticano è una monarchia assoluta. Lo sapevate? No? Be’, aprite un libro che non sia la Bibbia o il Manuale delle Giovani Marmotte. Il Papa è un capo di Stato, eletto da 120 vecchi vergini (forse), vestiti come figuranti di un cinepanettone ambientato a Gerusalemme.
E adesso, prepariamoci all’ennesimo conclave. Altro giro, altra balla.
Un branco di parassiti vestiti di rosso – molti dei quali implicati in scandali, indagini, riciclaggio, e probabilmente anche in qualche festino con ragazzini vestiti da chierichetti – si chiuderanno in una stanza a decidere chi sarà il prossimo burattino da piazzare sul trono d’oro. Lo Spirito Santo, dicono. Io direi più lo Spirito di Goldman Sachs.
E intanto, le tragedie vere continuano.
I carcerati vivono peggio dei topi, ma la sinistra si agita solo se in cella ci va la figlia dell’amica della zia dell’attivista in Erasmus.
La fame nel mondo?
Una roba che con una vendita del 20% del patrimonio immobiliare vaticano si risolverebbe 10 volte. Ma col cazzo che lo fanno. Meglio lasciare i poveri poveri. Così poi glieli puoi mostrare ai pellegrini e vendere l’illusione che la carità serva a qualcosa.
Il Papa era solo un sovrano. Con più ruffiani di un re medievale, più soldi di Elon Musk e meno coraggio di un gatto davanti all’aspirapolvere.
Ha parlato tanto, ma alla fine, cos’ha fatto di davvero cristiano?
Un cazzo di NIENTE.
Se non contiamo gli abbracci finti, le frasi motivazionali e le omelie che sembravano scritte da un social media manager della Coca-Cola.
E adesso?
Adesso parte il circo.
Le condoglianze delle Istituzioni. Il lutto nazionale. Il plastificato Mattarella che ti sgancia due frasi tipo “profonda perdita per l’umanità”.
E i giornalisti.
Ah, i giornalisti.
Le nuove vestali del culto laico. Che piangono davanti al Vaticano come se fosse morto Maradona, la regina Elisabetta e il cane di Heidi tutti insieme.
Il popolo?
C’è chi piange e chi, come me, accende un sigaro e dice: “Uno in meno”.
E tranquilli, non parlo solo del Papa.
Parlo di un sistema marcio, ipocrita, teatrale e dannatamente redditizio che fa soldi sulla disperazione, sulla colpa e sulla paura.
La religione, per come la gestisce il Vaticano, è una multinazionale della menzogna, e il Papa è solo l’amministratore delegato.
La sede è a Roma, ma i conti sono nei paradisi fiscali.
E i fedeli? Clienti.
Clienti affezionati che pagano per sentirsi dire che “tutto andrà bene”, ma solo dopo morti.
Comodo, no?
Io sono di destra, sì. E me ne vanto.
Perché almeno io lo dico chiaramente che me ne sbatto i coglioni dei falsi miti, delle religioni-spettacolo e dei predicatori milionari.
Io credo nella patria, nella famiglia, nell’identità, nella forza del lavoro e dell’orgoglio.
Non in un vecchio argentino che predica l’uguaglianza mentre dorme sotto soffitti d’oro.
Santo Padre?
Macché santo.
Solo padre… di tante cazzate.
Che adesso si ritrova davanti a un Dio che probabilmente non ha mai avuto bisogno di guardar Messa per capire chi è buono e chi è uno showman vestito da umile.
E noi?
Noi, come sempre, aspettiamo.
Un altro Papa.
Un’altra maschera.
Un altro teatrino.
Perché morto un Papa, se ne fa subito un altro.
Ma a me, ve lo giuro sul busto di Reagan che tengo in salotto, non me ne fotte una beata minchia.